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 07 Settembre 2009 - La partenza, un anno dopo

 

Eccoci finalmente pronti Lunedì 7 Settembre 2009 per partire da Venezia alla volta degli Stati Uniti, destinazione Salt Lake City, Utah, via Denver Colorado, con scalo iniziale a Philadelphia, uno degli hub principali in terra americana della compagnia US Airways, scelta per l'occasione per via del vantaggioso prezzo del paccheto di volo (620E ar). Ormai il "Marco Polo" é il nostro aeroporto di casa, lo conosciamo bene,ma questa volta rimaniamo stupiti dalla mole di voli e passeggeri che partono dallo scalo. I voli verso gli USA, proprio grazie alla suddetta US e alla Delta,sono quotidiani e ben frequentati. Anche il nostro velivolo, un 767, é pressoché pieno. Il volo procede molto bene,tranquillo, il servizio a bordo é buono ma rispetto all'Air India, che ci accompagnò la volta scorsa, gli alcoolici sono a pagamento e quindi,per via del mio braccio corto, non posso trovare alcun conforto in loro. La traversata dell'Oceano passa bene ma arriviamo comunque a Philadelphia nel tardo pomeriggio con un certo ritardo. Teoricamente le due ore di attesa per la coincidenza per Denver dovrebbero essere più che sufficienti ma il primo imprevisto della vacanza é dietro l'angolo. E'inutile parlare delle dimensioni dell'aereoporto, enorme, per cui gli spostamenti da un terminal all'altro richiedono del tempo. Inoltre appena atterati in territorio americano é obbligatorio espletare i controlli doganali e di riconoscimento, ma quest'ultima fase é come sempre un'agonia. I numerosi viggiatori provenienti dall'estero devono passare il rigido controllo d' ingresso, che prevede per prima cosa che la "carta verde" compilata in volo non contenga errori, quindi seguono foto identificativa, stampa delle impronte digitali e controllo del passaporto elettronico. Per sbrigare le "formalità" d'ingresso in maniera rapida non sono sufficienti oltre 50 operatori, tanto per rendere l'idea della mole di viaggiatori coinvolti. Solo davanti a noi abbiamo una quindicina di persone e contando un tempio medio di 3 o 4 minuti per ciascuno la situazione per noi diventa drammatica, con la coincidenza per Denver ormai a forte rischio. Tutto sommato le cose vanno meglio del previsto e in una mezz'ora abbondante otteniamo il permesso d'ingresso, così recuperiamo i bagagli e superiamo agilmente il controllo doganale, questo si una vera formlità. Dobbiamo però convertire i voucher nelle vere carte d'imbarco, ma allo sportello della US,nonostante manchino ancora una trentina di minuti alla partenza del volo, ci viene detto che il check-in é chiuso. E' il panico, stento a credere che mi stia capitando di nuovo, é una situazione drammatica già vissuta. Non é la perdita di un semplice volo, cosa abbastanza normale, ma la prima tessera di un puzzle che rischia di non incastrarsi più. Quel giorno non vi sono posti liberi su altri voli per Denver o direttamente per Salt Lake City. Fortunatamente la Daniela mantiene la calma e ottiene una soluzione di compromesso più che accettabile: alle 20 ci aspetta un volo per Phoenix, dove poi dovremmo pernottare per partire poi dall'Arizona il mattino seguente intorno alle 9, in modo da essere nello Utah a mezzogiorno rispettando appieno la tabella di marcia. Il tutto ovviamente spesato dalla US, che ci dona gentilmente due buoni pasto da 5$ cadauno (che plumoni!!!) da consumare come cena in aereoporto. Tutto sommato una buona soluzione, a parte il fatto che i nostri bagali sono già in viaggio per Salt Lake via Denver!!! Vaghiamo un pò per il mastondico scalo, tra negozi e fastfood, ceniamo al volo con una pizza e infine ci imbarchiamo per Phoenix. Purtroppo le rogne non sono finite: Philadelphia é uno scalo più che intasato e siamo in coda lungo la pista come al supermercato, in paziente attesa del nostro turno per decollare. Il comandante ci comunica che nemmeno lui sa quando potremo partire...Perdiamo così un'altra mezz'ora di tempo,siamo sfatti e dormiamo per tutto il volo, molto tranquillo. Atteriamo dolcemente in Arizona intorno alle 23, Phoenix ci appare come un'enorme distesa luminosa nel buio del deserto,una roba di una vastità assurda. Quando sbarchiamo anziché il freddo della Penysilvania che avevamo lasciato ci attende l'atroce caldo dell'Arizona: nonostante sia notte i 30°C vengono abbondantemente superati. In qualche modo riusciamo a farci recuperare dallo shuttle dell'albergo, il Courtyard by Marriot, che si rivelerà un'ottima sitemazione. Siamo privi di cambio di vestiario ma soprattutto stanchi,così cadiamo presto in un sonno profondo. Il mattino seguente,per fortuna, il volo di riparazione per lo Utah ci confermerà che non sempre le disgrazie vengono per nuocere.

Il nostro boeing al decollo da Venezia