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8 Settembre 2009 - L'arrivo a SLC e il
viaggio in Wyoming
La traversata dell'Oceano passa bene ma arriviamo comunque a
Philadelphia nel tardo pomeriggio con un certo ritardo.
Teoricamente le due ore di attesa per la coincidenza per Denver
dovrebbero essere più che sufficienti ma il primo imprevisto
della vacanza é dietro l'angolo. E'inutile parlare delle
dimensioni dell'aereoporto, enorme, per cui gli spostamenti da
un terminal all'altro richiedono del tempo. Inoltre appena
atterati in territorio americano é obbligatorio espletare i
controlli doganali e di riconoscimento, ma quest'ultima fase é
come sempre un'agonia. I numerosi viggiatori provenienti
dall'estero devono passare il rigido controllo d' ingresso, che
prevede per prima cosa che la "carta verde" compilata in volo
non contenga errori, quindi seguono foto identificativa, stampa
delle impronte digitali e controllo del passaporto elettronico.
Per sbrigare le "formalità" d'ingresso in maniera rapida non
sono sufficienti oltre 50 operatori, tanto per rendere l'idea
della mole di viaggiatori coinvolti. Solo davanti a noi abbiamo
una quindicina di persone e contando un tempio medio di 3 o 4
minuti per ciascuno la situazione per noi diventa drammatica,
con la coincidenza per Denver ormai a forte rischio. |
Sedona
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Tutto sommato le cose vanno meglio del previsto e
in una mezz'ora abbondante otteniamo il permesso d'ingresso, così
recuperiamo i bagagli e superiamo agilmente il controllo doganale,
questo si una vera formlità. Dobbiamo però convertire i voucher
nelle vere carte d'imbarco, ma allo sportello della US,nonostante
manchino ancora una trentina di minuti alla partenza del volo, ci
viene detto che il check-in é chiuso. E' il panico, stento a credere
che mi stia capitando di nuovo, é una situazione drammatica già
vissuta.
Colorado River
Non é la perdita di un semplice volo, cosa
abbastanza normale, ma la prima tessera di un puzzle che rischia di
non incastrarsi più. Quel giorno non vi sono posti liberi su altri
voli per Denver o direttamente per Salt Lake City. Fortunatamente la
Daniela mantiene la calma e ottiene una soluzione di compromesso più
che accettabile: alle 20 ci aspetta un volo per Phoenix, dove poi
dovremmo pernottare per partire poi dall'Arizona il mattino seguente
intorno alle 9, in modo da essere nello Utah a mezzogiorno
rispettando appieno la tabella di marcia. Il tutto ovviamente
spesato dalla US, che ci dona gentilmente due buoni pasto da 5$
cadauno (che plumoni!!!) da consumare come cena in aereoporto.
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.Tutto sommato una buona soluzione, a parte
il fatto che i nostri bagali sono già in viaggio per Salt Lake
via Denver!!! Vaghiamo un pò per il mastondico scalo, tra negozi
e fastfood, ceniamo al volo con una pizza e infine ci
imbarchiamo per Phoenix. Purtroppo le rogne non sono finite:
Philadelphia é uno scalo più che intasato e siamo in coda lungo
la pista come al supermercato, in paziente attesa del nostro
turno per decollare. Il comandante ci comunica che nemmeno lui
sa quando potremo partire...Perdiamo così un'altra mezz'ora di
tempo,siamo sfatti e dormiamo per tutto il volo, molto
tranquillo. Atteriamo dolcemente in Arizona intorno alle 23,
Phoenix ci appare come un'enorme distesa luminosa nel buio del
deserto,una roba di una vastità assurda. Quando sbarchiamo
anziché il freddo della Penysilvania che avevamo lasciato ci
attende l'atroce caldo dell'Arizona: nonostante sia notte i 30°C
vengono abbondantemente superati. In qualche modo riusciamo a
farci recuperare dallo shuttle dell'albergo, il Courtyard by
Marriot, che si rivelerà un'ottima sitemazione. Siamo privi di
cambio di vestiario ma soprattutto stanchi,così cadiamo presto
in un sonno profondo. Il mattino seguente,per fortuna, il volo
di riparazione per lo Utah ci confermerà che non sempre le
disgrazie |
Grand Canyon |
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