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17 Settembre 2010 - L'addio all'Oceano
La nostra ultima giornata sul Pacifico si apre con una mattinata
grigia, a causa della nebbia che avvolge la penisola di
Monterey. Il fenomeno, come detto, è comune da queste parti e
quindi ampiamente prevedibile, pertanto non ne facciamo un
dramma. In fin dei conti il paesaggio è ugualmente
caratteristico. Siamo in piedi di buon’ora perché anche quest’anno
ci aspetta la gita in barca nella baia di Monterey, alla ricerca
di balene e delfini. Con una giornata simile – come se l’Oceano
non fosse già agitato per conto suo - so che mi aspetta il mal
di mare, ma a dispetto della volta scorsa sono preparato,
bastano un paio di accorgimenti – come non fissare l’acqua ma
solo punti fissi e immobili- per sopravvivere senza dare di
stomaco. L’appuntamento è alle 10 al Fisherman’s warf., dove ci
aspetta la Princess Monterey - la nostra bagnarola – e i
numerosi compagni di viaggio. Intorno a noi, nel porto e sugli
scogli, oziano come sempre decine di leoni marini. Lentamente
lasciamo il porto, inoltrandoci a Sud a poche miglia di distanza
dalla costa. Scorrono una dopo l’altra Cannery Row, Pacific
Grove, Spanish Bay. In due ore abbondanti di crociera ci
sembrerà di aver navigato parecchio ma in realtà l’escursione si
spingerà al massimo sino alla baia di Carmel, nei pressi della
riserva di Point Lobos. Per il momento l’unico avvistamento –
piuttosto fugace – sono stati un paio di delfini. Arrivati nei
pressi di Pebble Beach il capitano ci informa che siamo in
prossimità di incontrare una coppia di Blue Whales. Osservando
con attenzione in lontananza possiamo scorgere una grossa sagoma
scura a pelo dell’acqua. Un’altra nave è già nei pressi dei
mammiferi, quindi dobbiamo attendere pazientemente il nostro
turno per avvicinarsi. |
Monterey Whale Watching
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Per mia fortuna l’Oceano non è particolarmente
agitato, così riesco a gestire piuttosto bene la nausea, a
differenza di una povera malcapitata che inizia a vomitare senza
sosta dal ponte della barca. Proprio quando le abbiamo raggiunte le
due balene iniziano a spostarsi, costringendoci ad una lenta
“caccia” per seguirne i movimenti. Improvvisamente una grande coda,
dalla sagoma inconfondibile, emerge imponente dall’acqua,
regalandoci una visione davvero emozionante. Anche perché il resto
dell’osservazione si limita alle sole sagome delle balene e a
qualche grosso spruzzo. Il fatto che i due mammiferi si spostino
continuamente, unito all’arrivo di altre imbarcazioni cariche di
turisti, rendono impegnativa la nostra ricerca. Dopo alcuni minuti
al capitano non resta che desistere e provare ad inoltrarsi ancora
un po’ a Sud. A questo punto però non ci saranno più altri
avvistamenti e la gita diventerà solo un piacevole tour panoramico
della Penisola di Monterey. La suggestiva bellezza del posto è ancor
più apprezzabile da una così insolita posizione di osservazione.
Pacific Grove
Rientriamo al Fisherman’s warf in perfetto
orario, giusto all’ora di pranzo. I leoni marini sono sempre li,
numerosi e chiassosi. Adesso, posso finalmente divorare il tanto
agognato combo sandwich di granchi e gamberi!! Sinceramente non
aspettavo altro! Per la Daniela invece facciamo sosta da Il Fornaio
a Carmel, per un appetitoso sandwich vegetariano. Il programma
pomeridiano prevede l’immancabile tour della 17 Mile Drive. Tre
viaggi in California e tre passaggi nella Penisola di Monterey!! Lo
so, probabilmente siamo malati…ma la bellezza di questi paesaggi
ancora non ci stanca. Sebbene l’impatto e la meraviglia vissuti il
primo anno non siano ripetibli – anche per via delle perfette
condizioni atmosferiche – il senso di pace regalato da questi aspri
luoghi contagia anche uno come me, non particolarmente legato al
mare. Figurarsi per la Daniela, cresciuta a stretto contatto con
l’ambiente marino, elemento per lei imprescindibile. Seguiamo la
penisola da Nord a Sud, da Spanish Bay a Pebble Beach, passando per
Restless Sea e la Bird Rock. Qui oggi troviamo parecchi turisti in
sosta, intenti ad osservare i rumorosi leoni marini che popolano la
grossa roccia che emerge dall’Oceano. Questa volta però i veri
protagonisti sono gli scoiattoli che assediano i passanti alla
continua ricerca di cibo. Le piccole bestie oggi sono davvero
scatenate e sembra esserci un’invasione in corso, a decine schizzano
fuori da ogni scoglio, correndo ovunque. Mi siedo un attimo su un
panchina e sono già assalito, nonostante non abbia nulla per
richiamarli un paio di loro mi si arrampicano sulle gambe. Non ho
veramente alcunché per cibarli ma non demordono, corrono via e
ritornano un attimo dopo, speranzosi ma anche molto molesti.
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Posso toccarli e giocherellare con loro, ma
quando è ormai chiaro che da me non riceveranno alcun nutrimento
mi beccherò in cambio un bel morso su un dito!! Anche piuttosto
doloroso con quei dentini…Su uno scoglio davanti a noi una
coppia di scoiattoli sembra scambiarsi tenere effusioni,
un’immagine che riuscirò anche ad immortalare. Le scene regalate
da questi folli animali sono così divertenti che non vorrei più
andarmene ma la Daniela mi richiama giustamente all’ordine.
Anche perché qualcosa per soddisfare la loro golosità ci sarebbe
e sono ormai pronto per cedere alla loro incessante richiesta.
Proseguiamo oltre, sostando a Cypress Point Lookout – dove
vediamo qualche leone marino – e Lone Cypress – ovviamente il
punto più fotografato. Non ci fermiamo invece a Pebble Beach,
perché quest’anno all’ingresso non ci è stato dato il consueto
buono omaggio per acquistare una coca cola allo store…Risaliamo
lentamente la penisola verso Nord sino a Pacific Grove, per
l’ultima,doverosa sosta: il saluto d’addio alle foche della
“nostra” spiaggetta. Capitammo in questa piccola insenatura per
puro caso, ai tempi del nostro primo viaggio negli Sates. Fu
subito amore. L’area residenziale di Pacific Grove, alle porte
di Monterey, con le sue caratteristiche villette affacciate sul
Pacifico e circondate dai cipressi marittimi, è deliziosa.
Alzarsi il mattino e guardare fuori verso l’Oceano, mentre
qualche grassa foca ozia sulla sabbia sotto i tuoi occhi, deve
essere un sogno. L’ultimo saluto è malinconico anche perché
realizziamo che davvero non torneremo più qui, almeno non a
breve. |
Pacific Grove |
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Il nostro viaggio continua ma già da questa sera lasceremo la costa
e l’Oceano per inoltrarci verso Est, verso la Sierra Nevada e poi
nel deserto. Sono i nostri ultimi attimi sul mare. Inoltre il tempo
inizia a stringere: pur non avendo fatto granché sono quasi le 17 e
ci attendono 250km abbondanti per avvicinarci allo Yosemite. Prima
di lasciare definitivamente Pacific Grove, Monterey e i Leoni
Marini, mi concedo un paio di acquisti: una maglietta a Cannery Row
e il cd di Isobel Campbell & Mark Lanegan in un negozio a Carmel. Il
nostro sostentamento per il viaggio è costituito da qualche
cioccolata e della coca cola. Alle 18 siamo pronti per partire,
direzione Mariposa. I 250 km che dobbiamo percorrere per Mariposa,
alle porte dello Yosemite, si rivelano più lunghi del previsto. Un
po’ perché ci mettiamo in moto stanchi nel tardo pomeriggio per fare
tanti chilometri, un po’perché il percorso non è sempre agevole.
Inizialmente scegliamo di seguire la direzione verso Salinas,
costeggiando le dolci colline ingiallite dove si trova anche il
circuito di Laguna Seca. Una volta arrivati nel capoluogo della
Contea di Monterey prendiamo l’highway 101 direzione Nord, che
lasceremo poi a Prunedale per seguire la 156. Questa altro non è che
una strada statale come le nostre, semplice e piuttosto trafficata.
Arrivati ad Hollister la statale diventa la sempre molto trafficata
California 152, che inizia ad arrampicarsi sinuosa sulle coline del
Diablo Rang. Attraverso il Pacheco Pass e costeggiando il grande
lago della riserva statale di San Luis, si entra finalmente nella
San Joaquin Valley, il cuore dell’agricoltura Californiana. La
strada torna ad essere pianeggiante, in mezzo alla campagna e alla
calura, nonostante sia ormai il tramonto. Nella valle la 152 a Los
Banos diventa l’arteria principale del paese. Qui, tra semafori,
incroci, lavori in corso, il traffico quasi si blocca. E’ il punto
più critico del viaggio: siamo stanchi e ancora parecchio lontani da
Mariposa. Usciti finalmente dal delirio di Los Banos il traffico si
normalizza e in qualche modo arriviamo nella polverosa Merced ,
quando ormai è scesa l’oscurità. Sono le 20 e secondo i nostri
improbabili progetti in una mezz’ora dovremmo essere a Mariposa.
Sappiamo che non rispetteremo mai questa tabella di marcia perché
anche se la distanza ormai è breve, i 60km che percorreremo sulla
140 richiederanno un tempo maggiore. Da qui in poi la strada infatti
inizia a salire, lentamente, dolcemente verso la Sierra Nevada.
Merced è ancora in pianura e all’orizzonte vedi solo delle colline,
così ti chiedi dove siano le montagne. Facciamo benzina, per essere
sicuri di non rimanere a piedi, cosa che siamo ben capaci di fare!
Finalmente la strada abbandona la campagna e inizia a salire su
dolci colline ingiallite, coperte di sterminati campi dove pascolano
le vacche. Quest’ultimo tratto di viaggio, come sapevo, è magnifico:
siamo l’unica auto in movimento, in mezzo al nulla più assoluto,
nell’oscurità rischiarata dalle stelle sparse in un magnifico
limpido cielo notturno. Sono 60km di nulla, di natura solitaria.
L’aria è fantastica. Il caldo e la polvere della san Joaquin Valley
sono alle nostre spalle. I tornanti iniziano ad essere più numerosi
e impegnativi. Le colline si coprono di fitti boschi. Dopo una curva
appaiono le luci della piccola Mariposa. Sono le 21 passate e a
quest’ora i pochi ristoranti sono chiusi. Non ci resta che andare al
Burger King |
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