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21 Settembre 2010 - il viaggio nel
deserto: dalla California allo Utah
Quando arriviamo alle porte di Bakersfield sono quasi le 21,
l’oscurità è calata da un pezzo e la fertile San Joaquin Valley
alle nostre spalle. La città si trova infatti all’estremità Sud
della grande pianura ed è prossima alla zona desertica del
polveroso Mojave. Non che la San Joaquin Valley – almeno a fine
estate – sia quella verde e lussureggiante pianura che potremmo
aspettarci. Pur essendo dipinta sulle guide turistiche come un
semplice crocevia per la Sierra Nevada, il deserto o la vicina
Los Angeles – dalla quale dista 180km, curiosamente la stessa
distanza che la separa da Fresno – Bakersfield è tutto tranne
che un modesto centro di campagna: i soli 340.000 abitanti
dell’area urbana ne fanno la nona città dello stato per
popolazione e la cinquantunesima dell’intera unione! Se invece
consideriamo l’intera area metropolitana la popolazione
raggiunge le 800.000 unità! Nonostante non offra al turista
particolari attrattive, la città è ben tenuta e ricca di servizi
ricettivi che ne fanno un ideale punto di sosta, considerando
che la CA99 e la CA58 sono due arterie importanti e trafficate
per la California. Per nostra fortuna anche il Padre Hotel dove
pernottiamo si rivela un’ottima scelta, così la nostra breve
permanenza nella capitale della Kern County sarà tutto sommato
piacevole. Riusciamo anche a trovare con facilità l’hotel, senza
perderci per la città una volta usciti dalla highway. Il Padre
Hotel è uno storico albergo degli anni ‘30 in stile Art Deco,
sito a Downtown all’angolo tra la 18th e H street, recentemente
ristrutturato e modernizzato pur mantenendo il carattere tipico
della struttura originaria. Il risultato è ammaliante perché al
fascino retrò si accompagna un restyling moderno e accogliente.
Tutto sa di nuovo e di pulito, già entrando nella luminosa lobby
si resta a bocca aperta perché se dall’esterno il palazzo ha
un’aria vecchia e ammuffita, all’interno non c’è nulla che
sappia di antico. Persino gli arredamenti e le moquette denotano
un gusto e una raffinatezza insospettabili per gli standard
americani! |
CA58 - Mojave Desert
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Siamo così eccitati che persino ci dispiace
rimanere una sola notte! Purtroppo, essendo arrivati tardi, il
ristorante è ormai prossimo alla chiusura e le nostre opzioni per
tentare di cenare subiscono un duro colpo. Personalmente non ho
affatto voglia di vagare per Downtown alla ricerca di un fastfood,
sono molto più attratto dal lounge bar dell’albergo: l’idea di
cenare ai tavoli del bancone o tra i separé del locale mi stuzzica,
così spingo per accomodarci qui. La scelta non è del tutto sbagliata
perché l’ambiente è molto carino e il cibo commestibile, pur non
offrendo comprensibilmente una vasta scelta. L’ideale – essendo
appunto un lounge bar – sarebbe un cocktail o una birra, da
sorseggiare mentre si guardano i match di football e baseball sui
grandi schermi sopra al bancone. Per quanto ci riguarda siamo
stanchi e pressoché digiuni, quindi una volta consumata la nostra
cena frugale ci ritiriamo in camera.
Interstate 15 - da Barstow a Las Vegas
Il mattino seguente, freschi e riposati dopo una
bella notte di sonno, siamo pronti per affrontare quella che sarà la
giornata più dura del nostro viaggio: una lunga marcia in automobile
da Bakersfield a St Gorge, dalla California allo Utah attraverso Las
Vegas e il Nevada, 700km nella polvere e nella tremenda calura del
deserto. Una tappa ancora più lunga di quella che nel 2008 ci fece
viaggiare attraverso 2 parchi da Las Vegas a page in Arizona. Memori
dell’esperienza passata – terminata con una lite furibonda dovuta
allo stress e alla stanchezza – ci prepariamo mentalmente e
fisicamente, decidendo saggiamente di dividerci almeno inizialmente
il tempo alla guida e di prenderci tutto il tempo necessario per
arrivare nello Utah senza troppa ansia. Fortunatamente il programma
odierno non prevede soste particolari, se non una rapida occhiata
all’Outlet Store di Barstow e, se l’orologio lo consente, una
passeggiata pomeridiana a Las Vegas. Preparati al peggio lasciamo
con rammarico il Padre Hotel di buon’ora, facciamo colazione in uno
Starbucks nelle vicinanze e prendiamo la strada verso Est lungo la
CA58 – la Bartsow/Bakersfield Hwy. Mentre la Dani guida mi guardo
attorno e noto come la periferia di Bakersfield mantenga ancora
un’aria agricola. E’ tuttavia sufficiente abbandonare l’area
metropolitana ed inoltrarsi nelle colline perché il paesaggio inizi
ad assumere toni desertici. Poiché desidero godermi al meglio
l’esperienza di viaggiare attraverso il Mojave desert cerco di
riposare un poco ma non ci riesco: l’eccitazione e la calura non me
lo permettono.
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La vera e propria area del Mojave si apre
dinanzi a noi proprio dopo aver superato l’omonima cittadina,
posta circa 80Km ad est di Bakersfield e ad una altitudine di
800 metri circa. Una volta scesi dalle colline costeggiando la
ferrovia, attorno a noi compaiono decine di alberi di Yucca, i
caratteristici Joshua Tree. Da queste parti si trova anche la
base militare di Edawrd AF, proprio all’imbocco della regione.
L’arido deserto del Mojave é una vasta area estesa su un
polveroso altopiano che sconfina dalla California al vicino
Nevada, tagliata da Est a Ovest dalla Intestate 15 che collega
Las Vegas a Los Angeles. Nonostante le estreme condizioni
climatiche si ritiene che in questo ambiente riescano a vivere
sino a 2000 specie di piante, tra le quali i caratteristici
cespugli di artemisia che coprono il terreno, sparsi a migliaia
e simili a rovi secchi . Nella zona vi sono inoltre numerosi
laghi salati mentre all’orizzonte si stagliano silenti catene
montuose, in un panorama unico e suggestivo reso ancor più
particolare dall’azzurro turchese del cielo, un azzurro
immacolato che non ha eguali. Mentre la temperatura esterna
cresce inesorabile arrivando a toccare i 36°C il panorama si
spoglia di ogni orpello e le brulle colline accarezzano il cielo
coperto solo di qualche cespuglio. Arriviamo a Barstow poco
prima di Mezzogiorno, in perfetto orario rispetto alla nostra
tabella di marcia. La cittadina – 22.000 abitanti – è il centro
più grosso della regione, proprio in mezzo al deserto tra Las
Vegas e Los Angeles. Sembra incredibile ma sono in molti a
vivere da queste parti!!! Oltre ai motel e ai fastfood per i
viaggiatori di passaggio, alle baracche tra la polvere dove
vivono i locali e alla interstate 15, il grosso motivo di
interesse è l’Outlet Store, dove per fare acquisti si dice
giungano persino i pullman dalla lontana Città degli Angeli. La
realtà dell’Outlet, per la verità, non è all’altezza della sua
fama, anche perché pare sia in ristrutturazione e non siano
molti i negozi aperti. Diamo giusto un’occhiata veloce, senza
trovare alcuna grossa offerta a cui non poter rinunciare, tranne
le converse ad un prezzo veramente vantaggioso. Preferiamo però
aspettare di fare shopping a Las Vegas, così dopo una breve
sosta da Starbucks siamo nuovamente in marcia verso Las Vegas,
lungo la I15. Adesso tocca a me guidare nel deserto! |
Tramonto sulla I15 - da Las Vegas a St George |
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I pochi minuti a spasso per Barstow ci hanno fatto assaporare l’afa
del Mojave, particolarmente insopportabile all’ora di pranzo. Tutto
il lungo viaggio da Barstow alla città del peccato, attraverso
Mojave National Preserve, sarà un calda agonia. Il panorama assurdo
e quasi lunare saranno l’unico aiuto per mantenermi sveglio, mentre
la Dani è già crollata in un sonno profondo. Nonostante i tentativi
per risparmiare carburante rinunciare all’aria condizionata è
impossibile. Guidare i questa lunga, dritta , solitaria e trafficata
striscia di asfalto nel deserto è surreale. Ogni tanto capita di
valicare alte montagne, seguire curve tortuose e poi ridiscendere
vertiginosamente a valle. Poco prima del confine con il Nevada
sostiamo a fare rifornimento nell’ultimo centro abitato rilevante –
per modo di dire!!! – in California. La cittadina di Baker è un
minuscolo avamposto in pieno deserto che offre unicamente motel e
stazioni di servizio. Qui troviamo una comitiva di italiani in
sosta, intenti come noi ad osservare increduli la colonnina di
mercurio che sfiora i 40°C. Il tempo di fare benzina e siamo di
nuovo in marcia, la strada per Las Vegas, per quanto speri nel
contrario, è ancora lungo. Arriviamo finalmente nella città del
peccato quando sono le 15 passate, dopo aver lasciato
definitivamente il Mojave e le sue montagne. Una volta entrati nel
Nevada si incontrano lungo la intestate i primi, assurdi Casinò,
simili a parchi giochi tremendamente kitsch. Eppure anche qui e
anche a quest’ora ci sono parecchi ospiti. Entriamo nell’area di Las
Vegas da Sud; sopravviviamo al traffico e ai lavori stradali per
prendere in qualche modo la via per la Strip, dove troviamo il
solito delirio. Parcheggiamo tra il New York New York e il
Montecarlo. Fortunatamente siamo in linea con la tabella di marcia,
possiamo tranquillamente concederci un paio d’ore a Las Vegas,
magari per pranzare e fare qualche acquisto. Senza sbatterci troppo
decidiamo che l’Hard Rock café fa al caso nostro. Qui una graziosa e
iper cordiale cameriera ci istruisce su tutte le possibili varianti
di hamburger, dai condimenti agli snack di accompagnamento.
Chiaramente non capiamo una parola di quello che dice ma i piatti
serviti saranno più che buoni. Dalla terrazza del locale si gode
un’ottima vista sulla Strip meridionale, dal Mandalay al nuovo
monumentale complesso del City Center. Sorrido pensando che ai tempi
della nostra prima visita, solo due anni prima, era ancora tutto in
costruzione. Permanere sul terrazzo per pochi attimi è sufficiente
per desiderare di far ritorno immediatamente all’interno, dove
l’aria condizionata è un toccasana. Sbraniamo i nostri hamburger e
salutiamo la compagnia, compiendo anche il vergognoso gesto di non
lasciare alcuna mancia alla gentile cameriera…Lancio un’ultima
occhiata ad una giovane coppia con figli che, da come sono vestiti,
pare proprio si sia sposata in città. Al piano terra dell’Hard Rock
compio finalmente qualche acquisto; la Dani a sua volta replica al
vicino store degli M&M’s. Ancora due passi sulla Strip e poi siamo
di nuovo in auto, pronti a riprendere la marcia verso lo Utah, a
Nord. Al solito, ci perdiamo nella zona di Downtown ma grazie alle
indicazioni ai una automobilista – come sempre molto cordiale –
ritroviamo la strada giusta. Lasciamo provvisoriamente Las Vegas –
vi faremo ritorno tra una manciata di giorni – alle 18 passate.
Procediamo lungo la I15 in un panorama ancora prettamente desertico.
Gli assurdi palazzi della Strip sono alle nostre spalle, sempre più
lontani e piccoli. I cartelloni lungo l’Interstate pubblicizzano
studi legali, immobiliari, qualche sexy shop. Si avvicina l’ora del
tramonto e il sole inizia a calare, mentre le colline polverose si
tingono dei colori del crepuscolo. Il viaggio per St Gorge procede
tranquillo, senza intoppi nell’oscurità, con l’unica costante del
caldo. Entriamo in Arizona, superiamo il Virgin Canyon e siamo
subito nello Utah. Sono quasi le 21. Una lunga discesa porta alla
distesa di luci che costituisce la cittadina di St Gorge. Noi ci
fermiamo prima per prendere possesso della nostra stanza al La
Quinta Inn. Abbiamo superato intatti questa lunga giornata! |
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