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22 Settembre 2010 - Zion NP
Una volta arrivati a St George, nel Sud dello Utah, a due passi
dal confine con l’Arizona, ancora non ci sembra vero che la
lunga giornata – che è bene ricordare, era iniziata sotto il
sole della California – sia terminata senza intoppi. Abbiamo
infatti percorso i quasi 700 Km per lo Utah in totale serenità,
permettendoci anche una piacevole sosta a Las Vegas. Nemmeno la
stanchezza sembra affiorare, quando dopo le 21 ci avventuriamo
in paese alla ricerca di cibo. La tranquilla e ordinata St Gorge
sembra già essere calata nel sonno, così non ci disturbiamo
nemmeno a cercare un ristorante dove cenare, del resto siamo
ancora sazi dell’hamburger ingurgitato all’hard rock café di Las
Vegas alle quattro del pomeriggio. Seppure il paese non scoppi
di vita, l’aria che si respira è tutt’altro che deprimente,
perché in fin dei conti St Gorge è graziosa ed ospitale, ha un
aspetto familiare, rassicurante. Inoltre gli store aperti 24 ore
su 24 riescono a farti sentire meno solo, così come i tanti
viaggiatori di passaggio che sostano come noi al confortevole La
Quinta Inn. Andiamo a letto sereni, dopo aver acquistato qualche
schifezza in un market, concedendoci anche una busta di pop corn
al microonde che però riusciremo a carbonizzare. Il mattino
seguente, la sveglia ci desta come al solito di buon’ ora. La
giornata che ci aspetta, salutata da un caldo sole e dal cielo
limpido, prevede un intenso programma di visita al vicino Zion
National Park, uno dei luoghi che ci sono maggiormente rimasti
nel cuore nel corso del nostro primo viaggio negli States. Se
allora la scoperta del canyon fu breve quanto ammaliante, questa
volta abbiamo pensato di dedicare al parco un’intera giornata,
oltre a pernottare due notti nel piccolo centro di Springdale,
alle porte dello Zion e punto d’appoggio molto comodo per
raggiungere anche il vicino Bryce Canyon. |
Utah State Road 9 - la strada per lo Zion NP
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Pertanto dopo una veloce colazione in hotel a
base di Waffle siamo presto in automobile, pronti a percorrere le
poche decine di chilometri che separano St George da Springdale,
attraverso i suggestivi paesaggi desertici del Sud dello Utah. La
zona è un vasto altipiano tipico dell’Ovest degli USA, dove il rosso
della polvere contrasta con il verde della vegetazione,mentre
all’orizzonte si stagliano alte falesie,dalle pareti verticali tinte
di colori seducenti. In pochi chilometri la strada si arrampica
sull’altipiano sino a costeggiare il Virgin River, il corso d’acqua
che ha scavato nel tempo la profonda gola dello Zion Canyon. Sembra
incredibile, a vedere questo “tranquillo” torrente che si snoda
sinuoso,eppure le sue correnti sono violente, come conferma la
quantità di polvere erosa e trasportata quotidianamente.
The Watchman
All’ingresso del parco la strada – la Utah State
Road 9 – é asfaltata con un bitume dal colore rosso, in modo da
intonarsi al magnifico paesaggio circostante. Lo Zion Canyon è
veramente un luogo lussureggiante, una stretta gola di 800 metri
scavata tra pareti impressionanti – alte sino a 900 metri – coperte
di vegetazione, circondata da una varietà stupefacente di ambienti
naturali. Non stupisce affatto che i coloni mormoni , insediatisi
qui intorno al 1860, abbiano chiamato la zona Zion, ritenendo di
aver trovato la mitologica Sion descritta dai profeti nella Bibbia.
In seguito molti altri luoghi del parco hanno adottato nomi biblici,
sull’onda emotiva della scoperta. Come detto il parco si estende su
un altipiano la cui altitudine varia tra i 1100 metri del fondo
valle e i 2600 metri delle vette più alte. In estate la temperatura
diurna oscilla tra i 35 e i 40 °C, mentre di notte il termometro
scende intorno ai 20°C. In questa stagione, come scopriremo, sono
frequenti i temporali, con repentini cambi di tempo e variazioni di
temperatura. Le piogge improvvise, rapide quanto intense, provocano
le piene dei corsi d’acqua, fattore molto pericoloso per gli
escursionisti che si inoltrano nelle zone selvagge.
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In realtà tutto il parco, per quanto ben
organizzato e servito, è natura selvaggia allo stato puro.
Pertanto chi volesse inoltrarsi nei Narrows – una gola
spettacolare larga dai 10 ai 20 metri che inizia al termine dei
9 Km di strada pavimentata in rosso dello Zion Canyon – o lungo
i tanti sentieri del parco, deve prestare la massima attenzione
ai mutamenti climatici, oltre ad intraprendere le escursioni con
le attrezzature del caso. Noi, ovviamente, decidiamo di
inoltrarci lungo uno dei sentieri più impegnativi – l’Observation
Point Trail – all’ora di pranzo, in scarpe da tennis, senza
kway, con delle ali di pollo fritte e degli mms come provviste.
Il modo migliore per scoprire il Zion – come tutti i parchi del
mondo – è quello di passeggiare lungo i sentieri,
compatibilmente con il tempo a disposizione. Come nel caso del
nostro primo viaggio, qualora il tempo da dedicare allo Zion
fosse ridotto, il consiglio è di farsi il tour del canyon sulle
navette gratuite che partono dal Visitors Center e raggiungono
il tempio di Sinawava, percorrendo cioè tutti i 9km della Zion
Park Road, costeggiando il Virgin River ai piedi delle maestose
pareti della gola. In un paio d’ore è possibile compiere
l’intero tragitto di andata e ritorno avendo allo stesso tempo
un’idea piacevole del parco. Come detto in precedenza, quest’anno
invece dedichiamo tutta la giornata al parco, con l’intento di
scoprirlo dall’alto anziché dal basso. Il sogno, per fortuna
solo accarezzato, sarebbe di percorrere lo spettacolare quanto
impervio Angels Landing Trail, per godere dalla sommità del
Canyon di un panorama unico. Per fortuna manteniamo almeno in
parte la lucidità, preferendo incamminarci sull’Observation
Point Trail, un sentiero per la verità non così tanto meno
impegnativo di Angels Landing. L’idea è di salire finché
stanchezza e tempo materiale ce lo consentono, considerato che
il trail si snoda su una lunghezza di 8km roundtrip con un
dislivello di 900 metri per raggiungere il vista point. |
Vista dello Zion Canyon da Observation Point |
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Visto l’orario – mezzogiorno – e il mutare delle condizioni
atmosferiche – il cielo si è improvvisamente rannuvolato – la nostra
decisione può considerarsi folle. Siamo anche, come detto, male
organizzati, tra scarpe, cibo, vestiario e zaino pesantissimo da
portare in spalla. Tuttavia ci incamminiamo sul sentiero, seguiti
inizialmente da numerose persone. Tornante dopo tornante, il trail
sale lungo le ripidi pareti del Canyon, da dove ben presto é
possibile godere di una vista assolutamente incantevole su The organ,
Big bend, Angels landing. Dopo aver percorso una buona fetta di
strada, con un dislivello già notevole, il sentiero diventa
finalmente pianeggiante, in prossimità dell’Echo Canyon. Ma proprio
ora, dal cielo cupo e grigio, iniziano a scendere le prime gocce di
pioggia, che ben presto si trasformano in una fitta grandinata.
Impossibile trovare riparo, se non sotto qualche sparuto arbusto,
del tutto inadatto allo scopo. Rimaniamo sorpresi dal maltempo in
mezzo alla polvere del trail, insieme a qualche isolato compagno che
ha continuato a salire insieme a noi. A quest’ora la maggior parte
delle persone sta perlopiù scendendo a valle, avendo compiuto la
salita al mattino. Il mio timore – essendo tutt’altro che un cuor di
leone - è che il temporale possa intensificarsi e che possiamo
venire colpiti da un fulmine. In realtà le condizioni meteo variano
in un attimo e la grandinata si esaurisce in pochi minuti. Presto il
cielo si sgombra dalle nuvole più grandi e il sole esce a scaldarci.
Inzuppati d’acqua riprendiamo il cammino, per scoprire che pochi
passi ancora e avremmo trovato riparo tra le grotte dell’Echo
Canyon. La gola è una profonda ferita nelle pareti rocciose dello
Zion Canyon, dai colori e dalle forme ammalianti. Il trail prosegue
per un tratto ancora pianeggiante per poi riprendere a salire in un
susseguirsi di polverosi tornanti. Senza accusare la stanchezza ma
anzi carichi a molla procediamo senza sosta, pur essendo ormai gli
unici a salire mentre tutti tornano a valle. Per un po’ ci si
allontana dallo Zion Canyon, camminando dietro alle pareti, ma d’un
tratto,dopo una curva, la gola dove scorre il Virgin River si apre
proprio sotto di noi, centinaia di metri ai nostri piedi. La visione
è da capogiro, vertiginosa. Il sentiero ghiaioso è stretto ed
ovviamente non esistono parapetti. Alla nostra sinistra c’è il
baratro. Il cielo è ancora parzialmente coperto ma tra le nuvole
qualche raggio di sole si apre un varco ad illuminare il Canyon. La
strada per Observation Point è ancora lunga ma per fortuna
pianeggiante. Un ultimo sforzo, attraverso la bassa vegetazione, per
arrivare finalmente allo sperone di roccia ,coperto di polvere
rossa, dal quale si domina l’intera parte meridionale del Canyon. Lo
sguardo spazio a Sud ben oltre Springdale, 900 metri sopra il Virgin
River e la Zion Park Road, talmente minuscoli da confondersi tra la
vegetazione. La vista che si gode da qui è veramente sublime e rende
perfettamente l’idea di quale meraviglia della natura sia il parco.
Sostiamo giusto il tempo di rifocillarci e di scattare le foto di
rito. La Daniela, impavida, si siede sul ciglio della roccia, con i
piedi penzolanti nel vuoto. Il paesaggio lascia senza fiato. Sono le
15 ed è bene prendere la via del ritorno, con calma, senza fretta.
La discesa procede tranquilla, senza intoppi. Incontriamo persino
qualche altro folle che sale verso Observation Point. Allora non
eravamo gli unici matti!!! Attraversiamo di nuovo la stretta gola
dell’Echo Canyon, scivolosa per l’acqua piovuta. Siamo due puntini
in movimento tra pareti di roccia monumentali. Il tratto più
faticoso sono i tornanti finali,perché vedi il fondovalle e credi di
essere al termine della camminata. Lasciamo il trail intorno alle
16.30, la discesa è stata più veloce del previsto. Considerando che
ci eravamo incamminato sul sentiero dopo le 11 del mattino,
l’escursione è durata 5 ore e mezza. Impegnativa ma fattibile, alla
resa dei conti. Mentre attendiamo l’arrivo della navetta notiamo un
piccola folla concentrata sul bordo della strada. Dalle voci stupite
intuiamo che c’è qualcosa e corriamo a vedere di cosa si tratta:un
grosso ragno cammina impaurito tra la folla, una tarantola per la
precisione!! Scopriamo che anche questa zona ne è piena e che, come
sulla strada di ritorno dal Sequoia Park, le tarantole escono allo
scoperto nel tardo pomeriggio. Ci viene inoltre detto che non sono
pericolose ma preferiamo starne alla larga. Visto l’orario e la
nostra relativa freschezza fisica, decidiamo di fare altri due
passi. Prendiamo la navetta direzione Visitors Center, finalmente
seduto mangio le mie deliziose ali di pollo prese al market di St
Gorge, infine scendiamo dove inizia l’Emerald Pools Trail. Il
sentiero, breve e poco impegnativo, porta a tre terrazze naturali –
tre specchi d’acqua, lower, middle, upper. Peccato che in questa
stagione i torrenti non siano ricchi d’acqua, così le tre “piscine”
sono pressoché asciutte. La Lower soprattutto lascia solo intuire
che razza di spettacolo sia in presenza di acqua, con la cascata che
la forma sotto la quale si può passare bagnandosi tutti!! Le altre
pools per la verità non sono nulla di eccezionale, ma la passeggiata
è molto piacevole e rilassante, ideale per chiudere la giornata.
Quando torniamo alla fermata per la navetta è orma il tramonto.
Recuperiamo la nostra auto al parcheggio del Vistors Center e
lasciamo il parco per prendere possesso della nostra stanza al
Quality Inn di Sprindale. Le cime imponenti del Canyon sono tinte
dei colori placidi del tramonto. Ci diamo una bella lavata, coperti
di polvere come siamo, e ci avventuriamo nel piccolo paese alla
ricerca di cibo. Si sta davvero magnificamente, sotto uno splendido,
limpido cielo stellato. |
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