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24 Settembre 2010 - il ritorno a Las
Vegas
E così è al fine arrivato il nostro ultimo giorno di
vacanza…come sempre, quasi senza accorgersene, il tempo è
volato. Sembra incredibile ma quest’anno è andato tutto alla
grande, nessun problema particolare, nessuna lite tra noi.
Stress e stanchezza nella norma. Al terzo tentativo abbiamo
vissuto il viaggio perfetto, scoprendo nuovi magnifici luoghi
–San Diego e la Southern California – e salutato un’ultima volta
posti che ben conosciamo ma che non ci stancheremmo mai di
rivedere. Tutto è andato secondo i piani e anche ben oltre,
all’appello non manca praticamente nulla. Quest’oggi ci
toglieremo anche qualche altro sfizio, come un po’ di shopping e
l’ultimo a Las Vegas. Impossibile chiedere di più!!Se questo
viaggio è andato alla grande, gran parte del merito deve essere
riconosciuto alla Daniela, che ha avuto grande pazienza e
serenità nel guidare e nel gestire l’organizzazione quotidiana.
Da parte mia è stato fondamentale fare un passo indietro e
mantenere sempre la calma, evitando l’ansia di dover vedere
tutto senza eccezioni che l’anno scorso mi portò ad essere un
compagno veramente insopportabile. La combinazione delle due
cose, oltre al fatto di essere ormai molto pratici nel muoverci
negli States, ha reso possibile una vacanza serena e piacevole
oltre ogni più rosea aspettativa. Avendo poi organizzato tutto
alla perfezione, contemplando rispetto al passato i limiti
fisici e temporali che esistono anche se non si vorrebbe, siamo
riusciti a fare praticamente tutto ciò che ci eravamo prefissi.
Anche il fatto di avere una tabella di marcia meno rigida e
soffocante rispetto al solito è stato di gran aiuto per non
stressarci. Il risultato di tutto ciò è una vacanza che rimarrà
nel cuore, forse anche più del viaggio del 2008, il primo,
quello della scoperta di un nuovo mondo. |
Benvenuti
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Il nostro ultimo giorno in terra americana si
apre come al solito di buon’ora. Siamo presto in piedi, salutati
dalla fresca aria del mattino. Un’aria frizzante che rimpiangeremo
solo dopo poche ore, una volta raggiunto il deserto sulla via per
Las Vegas, da dove partiremo per l’Italia l’indomani mattina. Anche
oggi un magnifico cielo limpido ci attende quando mettiamo piede
fuori dal motel. Alle nostre spalle svettano invece le alte rocce
rosse dello Zion. Tempo di sistemare i bagagli e di fare colazione
che siamo pronti a lasciare Springdale. Prima però decidiamo di fare
un salto al vicino Visitors center del parco, nella speranza di
acquistare qualcosa per mio fratello. Alla fine opto per un bel
calendario del parco. Assolto anche questo compito siamo in marcia
per Las Vegas. La folle città dista appena 260 dallo Zion Park,
pertanto contiamo di arrivare a destinazione appena dopo pranzo,
tenendo una marcia tranquilla con qualche sosta ristoratrice. Mentre
salutiamo il caratteristico paesaggio dello Utah meridionale già mi
assale la malinconia, che sale implacabile come la calura. Lasciamo
alle nostre spalle la polvere e le falesie rosse dell’altipiano per
scendere verso St Gorge, dove facciamo tappa obbligata da Starbucks,
poco prima di prendere la I15 direzione Sud. Il traffico è intenso,
quasi come il caldo. Il confine con l’Arizona è a solo poche miglia
di distanza, lo si incontra dove inizia il suggestivo Virgin Canyon,
che la intestate attraversa.
Wynn & Encore
Provvidenziale, un ghiacciato frapuccino ci dona
ristoro. Siamo appena all’inizio del viaggio per il Nevada, una
tratta piuttosto “breve”, almeno per gli standard americani. Per
quanto il traffico sia intenso la marcia è scorrevole. Tuttavia
siamo in una zona desertica e il caldo, con l’avvicinarsi, di
mezzogiorno, inizia a farsi davvero insopportabile, raggiungendo
picchi vicini a i 38°C. Per risparmiare sulla benzina decidiamo
masochisticamente di accendere solo ad intervalli il condizionatore
dell’auto. Una scelta dettata dalla nostra spilorceria che renderà
il viaggio un’agonia. Sono alla guida e lentamente mi spoglio, sino
a rimanrre in canotta e infradito. Necessito anche di una breve
pausa, ai lati della strada, quando ormai la meta è vicina. La testa
mi pulsa . Il sole, implacabile, arde le spoglie colline
circostanti. Gli altri viaggiatori mi sembrano guidare come pazzi ma
in realtà sono io che non ne ho più da dare. Finalmente scorgiamo
all’orizzonte le sagome dei grandi alberghi della Strip. Alle porte
di Las Vegas il traffico è frenetico ma per nostra fortuna lasciamo
presto l’interstate per avventurarci sulla Strip, dove per la verità
la situazione non è migliore. Tuttavia sono vivo ed abbiamo
rispettato appieno la tabella marcia, arrivando intorno alle 13.30,
quindi va tutto bene. Considerando il caldo e la confusione
decidiamo di andare subito al gigantesco Outlet alle porte della
città, se non altro per trovare conforto nell’aria condizionata. Il
posto è un vero paradiso dello shopping: decine di negozi di ogni
genere, forniti di qualsiasi cosa e dai prezzi veramente
vantaggiosi.
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Un luogo dove ci si può perdere tra una
immensa varietà di offerte, smarrendo completamente la
cognizione del tempo. Ora capisco quando qualcuno dice di aver
dedicato allo shopping un’intera giornata!! Per quanto ci
riguarda vi passeremo solo due ore abbondanti, digiuni ed in
preda all’eccitazione, ma questa volta ci sarà davvero
impossibile non fare acquisti, frenati unicamente dalla nostra
solita indecisione. I prezzi dei capi d’abbigliamento e delle
scarpe, se paragonati al nostro paese, sono troppo vantaggiosi,
senza considerare la grande varietà di proposte in aggiunta. A
stomaco vuoto ed in preda alla foga, ho persino i crampi. Con il
senno di poi – e magari un po’ di disponibilità maggiore nella
carta di credito – avrei dovuto prendere anche qualcos’altro
oltre ad un bel paio di Levi’s e a delle converse. Una volta
usciti dall’inferno consumistico dell’Outlet possiamo dirigerci
al nostro hotel. Questa volta abbiamo lasciato perdere i grandi
complessi della Strip, del resto è Venerdì sera ed i prezzi
salgono alle stelle durante il week end. Seppure con un po’ di
timore – nonostante la felice esperienza di Visalia – la nostra
scelta è caduta sull’Hampton Inn nei pressi dell’aereoporto
McCarran. Quando però prendiamo possesso della stanza le nostre
paure svaniscono: semplicemente fantastica! Oltre ad essere
economica ed enorme – divisa tra zona letto e soggiorno con
divanetto – la camera è bella, pulita, con un bagno gigante,
accogliente e perfettamente insonorizzata. Persino l’arredamento
è moderno e di ottimo gusto!!! Io e la Dani ci guardiamo
stupefatti…è quasi un peccato restarvi una sola notte! Dopo aver
sistemato i bagagli non perdiamo altro tempo, subito ci
immergiamo nella bolgia della Strip. |
La Strip vista dalla Stratosphere Tower |
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Sono le 17 e le ore a disposizione sempre meno. Per prima cosa
facciamo tappa al famoso cartello di benvenuto all’inizio della
Strip, assolvendo finalmente al doveroso compito di farci
fotografare davanti ad esso. La follia della città è evidente
persino qui: oltre agli immancabili turisti, nei pressi stazionano
numerosi pittoreschi soggetti - chi vestito da Elvis chi semplicemente in bermuda -
tutti alla ricerca di mance in cambio di farvi da fotografo o da
compagno per un istantanea davanti a “Welcome to Fabolous las
Vegas”.
Tra di loro è quasi una gara a conquistarsi un turista, offrendosi
prima volontari per fotografarli e poi insistendo per avere la
mancia. Noi scrocchiamo la foro e poi ci facciamo di nebbia senza
sganciare un centesimo. Tornati in macchina, percorriamo con gran
calma la Strip verso Nord, direzione Downtown. Scorriamo uno dopo
l’altro i grandi hotel/casinò, mentre le luci dei neon iniziano ad
accendersi in un tripudio di colori. Sembra di essere in un enorme
luna park. Il tramonto si avvicina ed il serbatoio della nostra auto
si fa pericolosamente vuoto. Dobbiamo restituire la macchina alle 21
e l’idea di fare benzina ci da noia, non volendo consegnarla con
qualche litro in regalo. Piuttosto rimaniamo a piedi e continuiamo a
girare in riserva. L’idea delle migliori, in un posto del genere.
Come sempre il traffico sulla Strip è infernale, ci mettiamo una
vita per percorrere i pochi chilometri per Downtown. Qui la
situazione è molto più calma e per sicurezza decidiamo di investire
la ridicola cifra di un dollaro per riempire il serbatoio…il momento
è stato immortalato con una foto. Ovviamente ci serviamo
all’automatico, perché pagare alla cassa sarebbe stato troppo
imbarazzante. Mentre la sera cala rapidamente facciamo ingresso
nella zona centrale di Las Vegas, dove i motel e i casinò sono più
economici e tristi. Le luci della Strip spariscono e per strada non
camminano più i turisti ma i senza tetto. Uno dopo l’altro si
susseguono market di liquori, sexy shop e cappelle per matrimoni.
Come sottolineato dalle guide la zona è un po’ squallida ma poi
arrivi sulla Fremont Street e ti sembra di essere di nuovo su di un
altro pianeta. Se la Strip è la sorella maggiore, la Fremont è il
cuore di Downtown dove si trovano alcuni dei casinò storici della
città, come il Golden Nugget. Un’area pedonale tirata a lucido molto
fascinosa, investiti dalle luci al neon dei locali. Qui gli
appassionati di cinema riconosceranno scorci visti in decine di
film, icone caratteristiche come la grande insegna luminosa del
cowboy. Non abbiamo l’auto a disposizione per molto tempo ancora e
con rammarico preferiamo fare ritorno verso lo Stratosphere, per
salire sulla torre dalla quale si domina la città. Sono le 19 quando
parcheggiamo ed entriamo nel casinò. Sorprendentemente non c’è coda
alle casse dell’ascensore per la cima della torre, così in pochi
minuti siamo già in vetta. La Daniela, temeraria come sempre, non si
limiterà alla vista del panorama, concedendosi un giro nel vuoto
sulla giostra di Insanity Ride. La vista che si gode dalla torre, a
300 metri di altezza, è semplicemente fantastica, in particolar modo
al buio, quando la città appare per quello che è: un’ enorme distesa
di luci colorate nel buio del deserto. Dominiamo dall’alto i grandi
hotel della Strip, le autostrade sempre trafficate, la placida
Downtown e i periferici quartieri residenziali – perché qualcuno qui
effettivamente ci vive. Il cielo scuro è disseminato di piccole
luci, decine e decine di aerei che atterrano e decollano in
continuazione. L’areporto McCarran dista solo pochi chilometri e
quando i boeing effettuano la virata sembra quasi che stiano
arrivando incontro alla torre. Nonostante sia risaputo che la vista
alla sera sia magnifica c’è poca gente sulla sommità della torre. Un
paio di folli si lanciano nella nuova attrazione, una sorta di
Bungee Jumping dalla cima Stratosphere sino a sfiorare il selciato.
La Dani,per conto suo, si limita al giro nel vuoto dell’Insanity
Ride. Lasciamo lo Stratosphere per consegnare in ultimo l’auto al
noleggio presso l’aeroporto. La sorte non ci tradisce e non
rimaniamo a secco di benzina. Sono le 21 passate e siamo a piedi
quando scopriamo che non esistono autobus gratuiti per la Strip
dall’aeroporto. Solo taxi e navette a pagamento di compagnie private
che compiono il tragitto sulla Strip per portare i nuovi arrivati ai
rispettivi alberghi. Il panico – oltre alla stanchezza – ci assale,
ma del resto non vi sono soluzioni. Paghiamo un viaggio e facciamo
ritorno sulla Strip. Il nostro umore è ormai minato dallo stress e
dalla stanchezza. Non sappiamo nemmeno come fare per tornare in
albergo. Incredibile che una città del genere non abbia collegamenti
pubblici…In teoria, se ci siamo spiegati bene con la compagnia, la
stessa navetta che ci ha riportato sulla Strip dovrebbe passare a
prenderci alle 23.30 al Montecarlo per riportarci in aeroporto…e
poi? In hotel come ci arriviamo? Inoltre siamo ancora digiuni e con
tre dollari di contanti in tasca. Inizio a perdere la testa e le
ultime ore a Las Vegas diventano un incubo. Sfioriamo la lite ma
riusciamo a mantenere in qualche modo la lucidità che ci permette di
chiamare l’albergo e richiedere per mezzanotte la navetta gratuita
per tornare all’ovile. La soluzione più semplice e ovvia.
Rinfrancati ci concediamo delle patatine al McDonald’s prima di
incamminarci verso il Mandalay Bay, punto d’incontro con la navetta.
Anche qui diventa un casino trovarsi, perché al telefono non ho
capito una parola e i grandi alberghi hanno almeno tre o quattro
ingressi, da quello figo per gli ospiti con le auto a quello di
servizio sul retro dello stabile per i pezzenti. Alla fine
risolviamo in qualche modo, il gentile inserviente dell’Hampton Inn
ci raccatta e all’una del mattino siamo nuovamente in albergo.
Lasciamo al nostro salvatore gli ultimi tre dollari rimastici,
quindi saliamo in camera e ci prepariamo a riposare una manciata di
ore. La sveglia ci aspetta alle 6.00, poiché il volo per
Philadelphia – scalo per il ritorno in Italia – è previsto per le 9
del mattino. |
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